Cinguettii

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Auguri Anno della Scimmia

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Del vedere il mondo

"C'è un'enorme differenza tra il vedere una cosa senza la matita in mano ed il vederla disegnandola"
Paul Valery



Qui troverete tanta Cina, disegno, letteratura di viaggio..se volete suggerirmi spunti, link, luoghi siete i benvenuti..


venerdì 3 dicembre 2010

La storia della Signora Jia (parziale)

Mi decido infine:spingo la porta d’ingresso della galleria d’arte ed entro. Lei è lì, di spalle, la osservo mentre sta parlando con una cliente. Una signora si avvicina premurosa chiedendomi in cosa possa servirmi. Rispondo gentilmente che vorrei parlare con la proprietaria. Lei ode questa mia richiesta, volge per un attimo il viso e mi sorride.

E’ una signora ormai in tarda età, alta e slanciata, ha i capelli lunghi biondi raccolti in un elegante chignon, che lascia ben visibili sul collo bellissimi orecchini d’oro. Sugli occhi il trucco è leggero come il velo di rossetto sulle labbra. Indossa un cappotto bianco dal collo di pelo. Mentre attendo mi volto ad osservare gli oggetti della galleria: statue in legno, mezzi busti in marmo, porcellane. L’iconografia è quella della Cina. Tappeti alle pareti e per terra e poi i piccoli natsuke giapponesi protetti all’interno di teche in vetro. L’Asia è forte e presente in quello spazio, non posso non sorridere compiaciuta. Eccola che infine si avvicina: mi sento nervosa, sto pensando che forse ho sbagliato ad andare lì, non so cosa dirle. Il massimo che può accadermi, penso, è che mi scacci. “Buongiorno signora come posso aiutarla?” chiede. “Lasci che mi presenti. Lei non mi conosce: io sono la nipote di Lidia C.. ,ricorda? era sua cognata” rispondo con voce poco sicura. Lo stupore improvvisamente ritaglia i movimenti dei suoi occhi, del suo capo, la sua persona diventa improvvisamente più alta arretrando lentamente per osservarmi meglio. Nel timore che possa non credermi estraggo automaticamente dalla cartellina il mio biglietto da visita cinese e la foto del suo matrimonio avvenuto almeno 60 anni prima col fratello di mia nonna, mentre proseguo nel raccontarle la mia genealogia affinché possa meglio collocarmi. Improvvisamente mi prende per mano e mi fa accomodare di fianco alla sua poltrona.

Zittisco per un istante per aggiungere subito dopo che ho sempre tanto sentito parlare di lei e che non c’erano dei veri motivi perché io non dovessi presentarmi a lei, non dovessi infine conoscerla. Mi scuso per l’intrusione così improvvisa nella sua vita. Mentre lei mi osserva ascoltandomi ancora stupita ma sorridente, le racconto che sono rientrata da poco in Italia da Pechino dove ho studiato e poi lavorato per diversi anni. Sapendo che lei ha vissuto a Pechino dal ‘30 al ‘47 ho sentito la necessità imperiosa di incontrarla e nel dire questo estraggo mostrandogliele, altre loro foto prese nella Pechino anni ’30. Sono le foto che erano contenute nelle lettere che scrivevano alla mia bisnonna, oggetti di cui sono diventata la naturale depositaria. “Sono i racconti fatti dai miei genitori e dai miei nonni della sua vita e di quella di suo marito che mi hanno spinta ad imparare il cinese” le dico. Volevo conoscerla, ecco..semplicemente questo.

Così è stato segnato l’incontro avvenuto circa una decina di anni fa con questa straordinaria signora. Anita, figlia di un professore di musica, all’inizio degli anni ’30 ancora giovanissima, appena sposata lasciò la famiglia e l’Italia, partendo da Venezia a bordo di un lussuoso piroscafo delle Flotte Riunite di Trieste con rotta su Shanghai. Una donna poco più che adolescente che improvvisamente sì trovò catapultata dall’altra parte del mondo, in compagnia di un uomo che le era stato estraneo fino a poco prima. Lui, Ugo, era un giovane brillante neo-laureato in medicina all’Università di Padova, il fratello della nonna materna, appunto. Nei racconti successivi Anita mi confessò che al primo scalo a Brindisi scese a terra con l’intenzione di scappare a Padova dai suoi genitori ma non avendo denaro con sé dovette risalire a bordo. Non ritornò così mai più in Italia se non nel 1947, lei sola con i quattro figli che le erano nati a Pechino. Questa volta non a bordo di un lussuoso piroscafo ma di una nave carboniera prestata dagli Americani, adattata con grandi cameroni a trasporto passeggeri, che fece scalo nei principali porti d’Asia per raccogliere i profughi italiani, sopravvissuti ai campi di concentramento giapponesi ed alla guerra. All’interno dell’orlo del vestito Anita aveva cuciti 1000 dollari. I primi 300 li utilizzò per integrare il prezzo del passaggio in una delle cinque cabine disponibili sulla nave, in modo da restare unita ai figli durante il viaggio. A bordo c’erano 1.300 persone. La nave arrivava da Shanghai dove aveva già imbarcato quelli del Conte Verde, il lussuoso ex-piroscafo che si era autoaffondato all’indomani del 8 settembre del ‘43 per non cadere in mano giapponese. ...




segue..o seguirà  (forse)

(Riproduzione riservata)

1 commento:

  1. ....non sapevo, Simonetta, di questa tua origine familiare del tuo mondo cinese...
    Ciao, io sono a Singapore da 7 mesi. E'passato tanto tempo, e quest'Asia ci sta ancora trattenendo.
    micheledifonzo@hotmail.com

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