Cinguettii

Cinguettii
l'altra faccia della modernità

Auguri Anno della Scimmia

Auguri Anno della Scimmia
Auguri Anno della Scimmia

Del vedere il mondo

"C'è un'enorme differenza tra il vedere una cosa senza la matita in mano ed il vederla disegnandola"
Paul Valery



Qui troverete tanta Cina, disegno, letteratura di viaggio..se volete suggerirmi spunti, link, luoghi siete i benvenuti..


domenica 18 dicembre 2011

domenica 11 dicembre 2011

I viaggi della (Marco) Polo..Volkswagen: Magici Sibillini

Sono appena rientrata dai Sibillini. Magici.
Ho viaggiato totalmente in solitaria. In auto percorrendo le solite strade provinciali. A piedi nei boschi e sentieri. Già che c'ero ho fatto anche qualche disegnetto, così senza pretesa.

Prima tappa a Fiastra, che guarda l'omonimo lago. Consiglio il Rifugio del Tribbio con la signora Anna che vi racconterà tutto di quelle zone. Lei è anche guida naturalistica. C'è di più: quei posti li ama visceralmente. Non si smetterebbe mai di ascoltarla ma anche di mangiare le buone cose che prepara con altrettanta passione!.

Sono stata la sola ospite ( a dormire non a mangiare) di questo bellissimo casale in pietra che il Parco ha ristrutturato e che domina la valle. Si scorge anche un pezzetto di lago mentre di fronte troneggiano le rovine del castello Magalotti.
http://www.rifugioditribbio.com/

Una mattina di sole sono partita per il sentiero che porta alle lame rosse ed alla grotta dei frati. Il giorno successivo invece sono scesa nell'Orrido del Fiastrone e sola soletta mi sono avventurata nel torrente dentro le gole..."nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura...".Ho avuto anche un po' di paura, lo confesso. Provate voi ad andarci da soli lì dentro!!!


Un po' come il Grand Canyon (boh non ci sono mai stata..)

Picchi e guglie ocra e rosso

ecco l'ingresso delle gole..brrrr!!!

Poi sono salita a Cupi di Visso, frazione persa in un paesaggio di  grande, semplice e pulita bellezza.Una piccola Mongolia domestica. Ho trovato alloggio al Rifugio di Cupi.
Cupi fa 12 abitanti escludendo le mucche e le pecore che sono la maggioranza. Anzi ci sono pure aziende dove acquistare squisito formaggio di pecora e ricotta.
Le mucche sono da carne...con quello che il mercato paga ai produttori il latte di mucca, figurarsi! E i produttori di latte italiani sono tutti nel lombardo-veneto, la base della Lega..
Invece questi pastori e questi agricoltori d'Italia chi li rappresenta? Vorrei stringerli forte tutti e fare qualche cosa per loro che sono i veri custodi del paesaggio più bello del mondo. Si potrebbe favorire la creazione di una cooperativa che vendesse in basso sulla costa, tutti questi prodotti con un bel marchio DOP dei Sibillini. Quando queste famiglie abbandoneranno queste attività avremo perso una parte di noi. Eppure sembra che oggi conti solo lottizzare e costruire mercatoni..tutto questo non mi appare per nulla sviluppo sostenibile.

Comunque al Rifugio di Cupi il gestore mi ha cucinato della carne di pecora strepitosa...tornerei lì anche in ginocchio pur di gustarla ancora..
Consiglio altamente anche questo posto.
http://www.sibilliniwilderness.it/it/strutture-ricettive-sibillini-wilderness/rifugi-parco-nazionale-monti-sibillini/item/89-rifugio-di-cupi

Lì mi sono stupita davanti alla bellezza del santuario di Macereto, di cui ignoravo l'esistenza. I pellegrini che partivano dal Regno di Napoli ed erano diretti a Loreto, si fermavano in questo santuario..


Venendo da Cupi si scorge il santuario in basso

Questi luoghi sono sul Grande Anello dei Sibilliniu. Voglio davvero tornraci e percorrerlo tutto.

domenica 30 ottobre 2011

gironzolando con la matita in mano

La scorsa settimana ho disegnato  giusto così per fare esercizio che è poi quel che serve




Lui guarda lei sconsolato...sempre a tirarsi dietro quel poggiolo così pesante..ma come farà a riuscire a salire da lei?!


Lei guarda lui in basso pensando che non ce la può fare!"!

Le mie "prime" gambe di uomo

martedì 25 ottobre 2011

.. Matite in viaggio...gli amici se ne vanno...

Finita anche la Rassegna se ne parlerà il prossimo anno..lascio alcune immagini (fotografiche)


si finisce sempre a cicchetti..

piazza Ferretti ..siam così concentrati su Venezia che Mestre...

un assaggio della mostra

le sale del candiani

che meraviglia

gli..stranieri..

domenica 16 ottobre 2011

33° sketchcrawl a Bologna

Ecco i disegni di ieri in giro per Bologna

Tavolinetto del freccia rossa 9535 del 14/10/2011. Siccome siam partiti alle 18 da Milano ma sono arrivata a Bologna a casa mia dopo le 24..direi che vale come sketchcrawl del 15 ottobre!!!   
NOI COME "QUELLI DELLA SAN PABLO"

Piazza S.Giovanni in Monte..qui ci siam incontrati col gruppone di Giovanni

Il piazza S.Stefano al tepore del sole delle 11
Ecco il link per vedere tutti i disegni nel mondo..
http://www.sketchcrawl.com/forum/viewforum.php?f=58

lunedì 26 settembre 2011

MATITE IN VIAGGIO A MESTRE AL CENTRO CANDIANI

PROROGATA AL 22 OTTOBRE COMPRESO


Il 7/8/9 Ottobre saremo tutti al Candiani di Mestre per una rassegna dedicata ai carnet de voyage.

L'inaugurazione venerdì 7 ottobre alle 18
Nasce dallo sforzo dell'Associazione Matite in Viaggio ispiratasi all'esempio di Clermont Ferrand che con la sua Biennale du carnet du voyage è già arrivata alla XI Edizione. Abbinata alla mostra anche proiezioni video e musica.

tanto per cambiare c'è qualche cosa di cinese anche qui. Credo che Candiani si riferisca all'Ammiraglio Candiani, che fu a capo del corpo di spedizione italiano inviato nel '900 in Cina in occasione della cosidetta "Rivolta dei Boxer"..

Saremo presenti in 40, esperienze diverse, mani diverse, stili diversi....io HO UNA GRAN CURIOSITA DI VEDERE..
Ecco il link:
http://www.matiteinviaggio.it/presentazione.php

Tutti i partecipanti
-Ambrogio Andrea
-Baccini Lucia
-Bolshakova Juliya
-Brand Brigite
-Bruscia Romina
-Capecchi Simonetta
-Cariani Roberto
-Carraro Fabrizia
-Casale Gabriele
-Cisi Luciano
-Cocco Giovanni
-Cornia Christian
-Costa Marina
-De Petris Giancarlo
-Delladio Simone
-Dossi Benedetta
-Elisabetta Mitrovic
-Favretti Lisetta
-Gemma Federico
-Grillotti Dario
-Herranz Miguel (Freekhand)
-Illiprandi Giancarlo
-Inma Serrano
-Javier de Blas
-Julien Fassel (Lapin)
-La Gioia Clelia
-Lawlor Veronica
-Longhi Andrea
-Lunghini Alberto
-Malfatti Roberto
-Mascia Antonio
-Menetti Sara
-Neretti Roberta
-Orlando Gabriele
-Pallini Marco
-Pezzetta Edi
-Piacenza Valentina
-Rigato Simonetta
-Russo Angela Maria
-Sacchetti Giovanna
-Sagar Fornies
-Salvador Barnaba
-Samek Lodovici Marco
-Simoni Chiara
-Spianelli Laura

domenica 18 settembre 2011

FESTIVAL DELLA FILOSOFIA - IL COSMO CINESE ANTICO di Roel Sterckx

Ecco un abstract degli appunti della lezione del professore del 16 settembre 2011

Nel XVII sec. Leibniz è uno dei primi ad interessarsi alla Cina, Cina che aveva conosciuto attraverso le letture delle lettere che i missionari gesuiti avevano scritto dalla Cina. Nel testo che elaborò vedeva Confucio come una soluzione ai suoi problemi con Dio. Leibniz credeva in una società non governata da un occhio punitivo trascendentale ma da un umanesimo che fosse privo di un Dio trascendete. Il pensiero cinese non spiegava il mondo con la categoria del trascendente dell’occidente.


I filosofi cinesi apparivano più concentrati sul “qui ed ora” piuttosto che sull’aldilà. Il confucianesimo appariva pertanto più razionale e più rivolto alla società rispetto alle questioni metafisiche dell’epoca. Forse Leibniz idealizza troppo. Il concetto di un cielo privo di carattere di supernaturalità era esagerato.

Questo comunque rappresenta l’inizio del momento della storia in cui il pensiero cinese ha fornito un’alternativa ideale al pensiero occidentale. Il processo in cui il pensiero cinese è un valore chiave è un processo che continua anche ora. L’immagine che abbiamo della natura in Cina è quella rappresentata dai paesaggi cinesi classici, con montagne, picchi ed un eremita in contemplazione. E’ la Cina del poeta, dei giardini cinesi, della medicina alternativa una Cina in perfetto equilibrio.

In realtà i Cinesi come concepivano il cosmo?

Lalezione fornisce le nozioni basilari di come i cinesi concepivano il cosmo, cioè un continuum che enfatizza l’unità degli esseri nel proprio ambiente.
Una tale visione della natura non è infatti riflessa nel mondo pratico in cui gli esseri umani interagiscono con la natura. Nessuna civiltà stabilisce dei rapporti sulla base della cosmologia: va permesso un grado di diversità.

La Cina antica cui si riferisce è quella della Cina che va dal periodo dei Regni Combattenti (contemporanea di Aristotele e Alessandro Magno) alla prima dinastia Han nel 221 d.c.. E’ il periodo in cui la Cina da stati feudali si unifica in un impero, prendendo la forma che ha mantenuto in seguito. E’ il periodo in cui si manifestano i più importanti sviluppi sociali, statuali, nascono le scuole filosofiche, la letteratura, la storiografia e la contabilità.

La questione posta dalla filosofia è se ci sia il Concetto di Natura in Cina.

Zi ran

L'assenza di definizioni è una delle caratteristiche del pensiero cinese classico. Il temine che identifica la natura è “zi ran” che in realtà letteralmente significa “di se stesso”, quindi un termine che implica la spontaneità e che non ha nulla a che fare con lo stato fisico. E’ lo stato più essenziale dell’essere. E’ un concetto fortemente diverso dal termine “Fusis” della filosofia greca: zi ran indica una modalità d’essere ed include elementi assegnati alla società umana ed alla cultura. I filosofi cinesi non sono mai stati “turbati” dalla questione di “cosa sia una determinata cosa” ma piuttosto da “come funzione una cosa”.

Uno dei principali termini per spiegare tutto ciò è il termine “dao”.


E’ un vocabolo molto importante ma difficile da definire univocamente. Il carattere che lo identifica è composto da due parti l’una che significa condurre e l’altra testa. Il termine in origine era usato per significare “condurre il fiume in modo tale che non esondi”. La spiegazione più semplice è tuttavia diventata quella di “cammino, strada,via, arte” e può fare riferimento a vari insegnamenti ma il primario significato è quello di “via o cammino”. Anche se il concetto è articolato, ciò che comunque emerge è che opera sulla base di un percorso specifico. E’ comunque un principio che governa il consesso umano, un processo spontaneo che regola il cammino dell’universo. Il senso della vita? Il cinese direbbe che non esiste. Dao rappresenta piuttosto il seguire il proprio cammino per portarlo avanti in maniera soddisfacente. I Confuciani che sottolineano e sono concentrati sulla morale, parlano di Dao nella vita dell’umanità. Per i Taoisti invece, Dao è il ritmo naturale dell’universo. Per spiegare il termine spesso ci si rifà all’acqua ed al suo fluire. In occidente la prima domanda sarebbe stata “cosa è l’acqua e il Dao da cosa è composto da dove viene?”. La cosmologia cinese invece si muove in modo totalmente diverso. I Cinesi non hanno un mito fondante della creazione, del creatore ovvio, non hanno riferimenti al un big bang, ad un inizio in cui il mondo è stato creato dal nulla da un Dio sovrannaturale. L’universo cinese è un universo organico, un cosmo energetico di forze naturali di cui gli uomini sono parte integrante assieme alla natura. I tradizionali cardini del pensiero giudaico-cristiano di “spirito e materia” “oggetto ed attributi” non sono presenti nel pensiero cinese dove tutto è comportamento, modalità.

Per il pensiero cinese la materia elementare è il “qi"
Qi è formato da due parti l’una che indica l’aria e l’altra il riso: ovvero il qi nel pittogramma originario è "il vapore che sale durante il processo di cottura”. E’ dunque traducibile come “l’alito di vita", una natura primaria che si manifesta in varie forme e consistenza, pesante o leggero. Il qi ha vari gradi, può espandersi o rapprendersi, concentrasi o diluirsi, può essere torbido e raffinato. Gli uomini rappresenterebbero la fase intermedia tra questi opposti stadi. Il corpo è qi più grossolano mentre il cuore e la ragione sono più raffinati. Roel suggerisce ai suoi studenti di non tradurre tale termine.

Secondo un filosofo cinese del II sec. d.c., il qi grezzo formerebbe gli animali, quello raffinato gli uomini. Di base comunque il qi forma tutto l’universo dosato in densità e gradi differenti.

Alla base del meccanismo che regola il cosmo è il concetto di cambiamento, tutto è in costante cambiamento, dal corpo alle stagioni. Sulla base di questo andamento gli intellettuali cinesi riuscivano a spiegare il cambiamento: tutte le specie mutavano attraverso processi di metamorfosi. Nelle società agricole essere in grado di spiegare i cambiamenti è molto importante ed ecco perché il calendario in Cina era inteso come una proprietà dell’imperatore. Chi era in grado di scrivere un calendario era molto importante perché gestiva il tempo degli altri (ed ecco perché durante il periodo maoista tutti gli almanacchi erano stati vietati). Per questa ragione tutte le civiltà più importanti hanno avuto il calendario.

Se il cosmo è costituito dal qi e governato dal cambiamento, come si manifesta tale cambiamento?

Roel introduce il concetto di Yin e Yang elaborati ancora nel IV sec d.c.. Il simbolo che li rappresenta è un universo diviso in due piani: Nord e Sud. A sinistra è lo yang a destra è lo yin. Yin e Yang sono facili a capirsi se si definiscono come caratteri complementari: quando le parti si allontanano dalla coesistenza armoniosa, ecco che nella natura si manifestano i disastri (secondo il pensiero cinese). C’è si un dualismo ma non è netto, sono due strumenti analitici che permettono di descrivere la ns esistenza sulla base di questi due aspetti: nulla è totalmente yin, come nulla è totalmente yang.

Ecco dunque che per il pensiero cinese il cosmo è una rete correlata, in cui tutto è legato a tutto e dove ogni elemento per sopravvivere necessita di tale correlazione.

Già con la prima dinastia, la Han, le persone vedevano il mondo come corrispondenza spaziale e temporale, è il periodo del cosiddetto confucianesimo Han che è stato la base ed usato fino al XIX sec. Ed ha elaborato lo Wuxing ovvero le 5 fasi. Secondo tale pensiero oltre all’interagire di yin e yang, tutto è interpretabile sulla base delle 5 fasi/forme o WuXing. Tutte le fasi hanno un ciclo e tutte le forse hanno una influenza reciproca: le 5 stagioni, i 5 elementi, i 5 colori etc

Gli umani non sono posti su una scala evolutiva come nel pensiero di Aristotele o Darwin, il pensiero cinese non vede un progresso evolutivo ma analizza gli umani sulla base delle loro proprietà in relazione agli altri. Ecco perché coloro che erano non-Han, ovvero barbari erano identificati come animali che vivendo attorno al “centro” (i cinesi) ma senza relazioni con esso.

L’imperatore incarnava colui cui spettava la responsabilità di mantenere questo equilibrio. E come poteva tenere assieme tali relazioni?L’imperatore disponeva di funzionari che scrutavano il cielo ed interpretavano o anticipano eventi del mondo naturale che aiutavano a comprendere gli eventi ed accadimenti del mondo politico. Anche oggi l’unità di cielo e uomo diventa l’ideologia che vuole promuovere lo sviluppo sostenibile. Questo tipo di pensiero cosmologico punta sull’armonia e sulla separazione tra soggetto ed oggetto. Tale idea esclude la presenza di individui che spicchino sugli altri favorendo un continuum che serve a creare la “rete”.


Andernos les Bains, Francia, il porto...non c'entra assolutamente nulla con l'argomento!

mercoledì 7 settembre 2011

I VIAGGI DELLA (MARCO) POLO…VOLKSWAGEN - L'ENERGIA SACRA (ultima parte)

A seguire  i miei appunti della lezione del professore. Eventuali errori sono imputabili solo a me stessa.

La seconda parte della lezione affronta il tema della straordinarietà dell’atto creativo



Nell’ottobre dello scorso anno sulla stampa italiana si dibattè di cultura in particolare della relazione tra “cultura alta e cultura bassa” .Nel numero del Corriere di giovedì 14 ottobre 2010 il francese Marc Fumaroli ha rivolto un appello all’Italia affinché svolga il ruolo di dar vita ad un nuovo Rinascimento culturale, l’Italia perchè sola possiede quella ricchezza culturale che può evitare l’appiattimento e l’imbarbarimento. Il 15 ottobre gli rispose Eco invitando ad un ritorno dell’insegnamento alto abbandonato a causa della malsana ed astratta idea della facilitazione che in realtà non facilita. L’arte mercificata e dominata dai signori della comunicazione. Il tema posto era dunque quello di arte, artisti e creatività. Chi è l’artista ? come lo si definisce dove si colloca?

Calza introduce il pensiero dell’esteta cinese Xie He che nel 530 d.c fissò in un canone i 6 criteri che definiscono il pittore. Il canone divenne una pietra miliare utilizzata da pittori e teorici anche nei secoli successivi. Secondo Xie He i pittori del primo livello sono coloro in grado di trasmettere il “qi”. Varie correnti sostennero tuttavia che superiori a questa prima categoria sarebbero gli artisti liberi da canoni di convivenza sia sociale sia estetici. Questo concetto può essere traslato nella nostra lingua in “eccentrici”.

Calza si domanda perché normalità, ripetitività, conformismo dovrebbero stare al centro? E perché coloro, opposti, debbono stare fuori del centro? Una teoria pone accanto al percorso della creatività il “disordine bipolare”: gli studi di Janssen K. su creatività e patologia hanno esaminato la correlazione tra questi due elementi. In Italia tali studi sono condotti da Stefano Carracioli dell’Università di Ferrara. La creatività richiede a chi la vuole perseguire la stranietà alla normalità e la rinuncia alla vita comune.. In “Crimini letterari” del 1912 si afferma inoltre che il vero talento non fonda scuole, che in quanto tali producono uniformità di maniera e risultati mediocri. Rosenfield (?) non usa il termine eccentrico ma preferisce attribuire all’artista il significato di “straordinario”. E in ambito asiatico chi è colui che definiamo straordinario? Nel pensiero cinese il termine è assimilabile al concetto di “jiren” (in giapponese kijin) valore spiegato dal pensatore cinese Zhuangzi nel sesto capitolo. Zhuangzi sostiene che i jiren, sono “esenti dal dover seguire la norma, perché sono jiren e dunque trascendenti.. sono persone normali per il cielo mentre sono straordinarie per la terra.”
Hokusai

In questo filone interpretativo si può valutare la testimonianza di Van Gogh quando nel 1885 in una lettera al fratello Theo scriveva “ la pittura è fede ed impone il dovere di non tenere in considerazione l’opinione pubblica”. Ecco dunque che i parametri dell’arte, così come sono stati definiti in questi esempi, non pertengono solo all’arte ma anche all’etica ed al divino alla stessa maniera di quanto hanno fatto i monaci-artisti zen.

In un’altra lettera a Theo, Van Gogh diceva:”.. a studiare l’arte giapponese si scopre nell’artista un uomo molto saggio ed intelligente che passa il tempo a studiare un solo filo d’erba ma questo studio lo porta poi agli alberi, ai paesaggi ed infine alla figura umana. E la vita è troppo breve per compiere tutto”. Van Gogh da dove coglie la riflessione sul filo d’erba degli artisti giapponesi?

Le sue parole riecheggiano quelle di Goncourt quando definì il percorso creativo del pittore giapponese Hokusai (1760-1849), il più famoso artista “asiatico” in Occidente. Quel “filo d’erba” citato da Van Gogh aveva portato Hokusai a divenire maestro insuperato della fisiognomica. Nel suo “manuale illustrato sull’uso del colore” Hokusai diceva: "… Dall'età di cinque anni ho la mania di copiare la forma delle cose, e dal mezzo centinaio in poi ho esposto molti disegni, ma non ho dipinto nulla di notevole prima dei settant'anni. A settantatre ho compreso un poco la forma delle erbe e degli alberi, la struttura degli uccelli e degli altri animali, insetti e pesci; perciò a ottanta mi auguro di essere progredito oltre; a novanta di aver carpito il significato segreto delle cose, così che a cento avrò raggiunto il divino mistero e, a centodieci, anche un punto o una linea saranno vivi. Prego chi di voi vivrà abbastanza di verificare queste mie parole."

Scritto da Manji il vecchio pazzo per la pittura all'età di settantaquattro anni
Hokusai


Dunque per questi artisti non esiste certezza di conoscenza e creatività, non esiste se non entra nel cuore e nella mente.

Calza conclude affermando che la “creatività è energia sacra”, può accadere alle volte di percepirla ma non la si trattiene...

bellissimo
Hokusai


Fine

domenica 4 settembre 2011

I VIAGGI DELLA (MARCO) POLO…VOLKSWAGEN - L'ENERGIA SACRA

Al Festival delle Mente di Sarzana bellissima ed entusiasmante la lezione del prof. Calza del quale mi ha affascinata non solo la profonda cultura ma anche lo spessore umano. La lezione dedicata ad estetica e creatività tra Oriente ed Occidente partiva dall’ipotesi di una ricerca del ricongiungimento di un’unità tra mente, psiche, corpo coordinati dalla coscienza.


A seguire sono i miei appunti della lezione del professore. Eventuali errori o inesattezze sono imputabili solo a me stessa.
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L' Asia è stata ciclicamente fonte preziosa di suggerimenti e di antidoti per l’Occidente.

Calza in particolare si sofferma su una corrente del buddismo nata in Cina nel VI secolo poi diffusasi in Giappone ed in Asia conosciuta col nome di Zen. Lo Zen diede origine ad un genere pittorico (a partire dal 600) caratterizzato da inchiostro nero su carta bianca creato da monaci-artisti. In Giappone lo Zen era/è una filosofia ed una corrente religiosa nonchè una disciplina della vita. Forse in parte assimilabile a tale disciplina è quanto avviene nelle esperienze meditative proposte anche in Europa dai monasteri cistercensi.

Art Nuveau e Art Decò sono state influenzate dallo Zen. Gli artisti europei ed americani che si sono avvicinati più di recente allo Zen ne riconobbero l’arte solo in un secondo momento (es. Marden e Keruak). Per loro lo Zen ha rappresentato una possibile soluzione ad istanze soprattutto etiche e solo in parte estetiche. Lo Zen possiede caratteriste che hanno interessato le avanguardie occidentali in particolare nell’ accostare insegnamento rigoroso da un lato senza regole dall’altro, irridente ed iconoclasta delle proprie forme

Lo Zen affonda le proprie origine in un discorso che Buddha ..“non fece”: rimase infatti seduto, tenendo in mano un fiore di loto e non parlò. Un solo suo discepolo ne capì il senso che trasmise a 28 generazioni di patriarchi. Il 28° patriarca fu Bodhidharma: posto in Cina, nel tempio di Shaolin, nel VII secolo è ritenuto l’iniziatore della dottrina Chan o Dhyana, parole che significano meditazione. Pertanto “l’insegnamento segreto” del discorso-non-fatto non era la predica bensì la meditazione; meditazione non rivolta a grandi folle ma trasmessa in un rapporto diretto tra maestro e discepolo.

Secondo la via Zen ognuno ha la natura di Buddha nel senso di “svegliato”. Tale Natura è presente in nuce in tutti noi, ma si può trascorrere l’intera esistenza senza entrarne in contatto.

Per Bodhidharma scopo dell’uomo è la liberazione dalle forme automatiche del pensiero, la capacità di far “azzittire” il pensiero, il suo fluire attraverso l’azione meditativa. L’arte zen, la pittura e calligrafia testimoniano la via dell’artista verso tale consapevolezza.

In Europa un testimone di tale percorso liberatorio è ad esempio il musicista e pittore John Cage. Il suo rapporto con lo Zen è provato dal pezzo musicale che porta il medesimo titolo dei suoi 150 disegni zen: Ryoanji (1983). Ryoanji è il nome del più famoso giardino zen, a Kyoto, e significa “Drago in stato di tranquillità”. Fu progettato - in semplici parole - come processo meditativo ed in maniera analoga Cage determinò le note sul pentagramma della sua piece musicale.

Per facilitare la comprensione di cosa significhi/implichi “azzittire il pensiero”, Calza riporta l’esperienza della neuro anatomista statunitense Gill Bell Taylor. La Taylor nel 1997 a trentasette anni fu colpita da un ictus provocato da una grave anomalia circolatoria tra emisfero sinistro e destro del cervello. L’ictus la privò dell’uso dell’emisfero sinistro che recuperò, in parte, nella successiva rieducazione intrapresa per otto anni assieme alla madre. Da questa dura esperienza uscì il libro dal titolo italiano “ la scoperta del giardino della mente”. Dice la Taylor che nell’emisfero destro. “ non esiste tempo diverso dal presente. Vita, morte, gioia, percezione, espressione di un legame..tutto avviene nel tempo presente… l’adesso è un momento sterminato”. L’empatia la dobbiamo dunque all’emisfero destro, all’emisfero sinistro dobbiamo invece il concetto di tempo. Attraverso i centri del linguaggio dell’emisfero sinistro la mente “ci parla in continuazione”: è il “chiacchericcio cerebrale”. La Taylor narra altresì la profonda pace interiore indotta dalla dominanza della mente destra in quanto l’emisfero sinistro era fuori uso per l’ictus. Dice “mi percepisco non più come solido ma come un fluido fluttuante

I monaci-artisti zen testimoniano visivamente questo percorso di consapevolezza raggiunto ..senza ictus. Per loro pittura e calligrafia sono gli strumenti della meditazione. Poiché l’insegnamento zen si basa su un rapporto diretto tra maestro e discepolo, gli episodi rappresentati sono quelli emblematici della storia del buddhismo chan (un po’ come avviene anche col cristianesimo). Sono soprattutto Bodhidharma e gli episodi della sua vita la fonte d’ispirazione nelle rappresentazioni pittoriche dei monaci-artisti.


Calza mostra un dipinto di Nantembo (1839-1925) opera realizzata a 71 anni. Il quadro rappresenta il 28° patriarca, in particolare il busto è espresso da un tratto più scuro che scende a dissolversi. Gli occhi sembrano quasi quelli di un fumetto, con le due pupille “stupite” nell’orbita sotto una fronte corrugata. La poesia a fianco dice ..”così come il fiore produce spontaneamente l’effetto immediato…”La frase è tratta da un brano cinese dei classici zen: ci si libera dall’attaccamento.




Un'altra immagine ci viene mostrata, sempre di Nantembo. Il titolo è “Vastità aperta. Nulla di sacro” Fa riferimento alla risposta che Bodhidharma diede all’imperatore cinese Wu. L’immagine è visibile: http://zenpaintings.com/artist-nantembo.htm
L'imperatore Wu del Liang chiese al grande maestro Bodhidharma: "Qual è il significato supremo delle sante verità?".
Bodhidharma disse: "Vuote e senza santità".
L'imperatore disse: "Chi mi sta di fronte rispondendomi così?".
Bodhidharma risposte: "Non lo so".

Il significato del nome Bodhidharma è “legge del risveglio”. Nell’iconografia popolare giapponese è quasi sempre rappresentato in busto o come una bambola portafortuna rossa senza gambe. Questo perché dopo avere risposto all’imperatore si ritirò per nove anni a meditare in una grotta..va da sé che perse l’uso delle gambe.


Calza mostra due dipinti del monaco-artista Fugai Ekun (1568-1654). La prima opera rappresenta Bodhidharma che attraversa il fiume per recarsi alla meditazione dei nove anni. Mostra quindi un ritratto rappresentato in modo “esotico” nel senso che ha lunghi lobi, naso aquilino ed è molto peloso, tutte caratteristiche somatiche che né cinesi né giapponesi posseggono.



Segue Hakuin Ekaku (1685-1768) che fu anche riformatore religioso Zen. L’opera presentata si chiama: “ ciechi che attraversano il ponte”. Metafora della conoscenza. Ciechi su un ponte sopra un abisso, l’uomo è cieco ed addormentato sulla conoscienza.




Hakuin Ekaku giunto agli ottanta anni comincia a disegnare grande calligrafia. Il carattere “morte” in primo piano e a destra la scritta “chi vi penetra con lo sguardo è un grande”.


Quello grande a destra è il carattere morire “si” in cinese.

Altro esempio di fusione di mente, emozione, corpo coscienza, è lo schizzo di Gibon Sengai (1750-1837) che rappresenta un salice che si piega al vento. La frase accanto dice: “ anche con venti non graditi, il salice”. La pazienza, ovvero la pazienza la si medita anche in condizioni non favorevoli.


Infine propone un ENSO. Lo Enso è il simbolo per eccellenza dello Zen, è il simbolo del vuoto ed è tracciato con un solo segno di pennello. Propone il disegno di Isshi Bunshu (1604-1646) intitolato “Dharma rosso nell’enso”. Enso ha un significato che non conosciamo. Si dice che i grandi maestri Zen del VI sec. lo facessero come gesto libero tracciato nell’aria. E’ stato anche interpretato come il sorgere della luna piena. All’interno dell’enso è il Bodhidharma, rappresentato di schiena che medita. Il Bodhidharma di questo dipinto è stato realizzato con tre tratti di pennello.




(...continua)

I VIAGGI DELLA (MARCO) POLO…VOLKSWAGEN (prima parte)

Sabato 3 settembre sono partita per Sarzana dove avevo prenotato il biglietto per la lezione del prof Giancarlo Calza dedicata ad estetica e creatività tra Oriente ed Occidente al Festival della Mente (http://portale.festivaldellamente.it/it/eventi).  Un titolo così non me lo potevo certo perdere e per di più Sarzana non l’ho mai visitata.

Questa la meta del “viaggio della (Marco) Polo”. Naturalmente ho accuratamente evitato l’autostrada preferendo, come la solito, la viabilità ordinaria, la SS 63 che passando vicino alla "pagana sacralità" della Pietra di Bismantova, conduce al Passo del Cerreto. Il Passo svalica in Toscana anche se siamo molto vicino a La Spezia e dunque alla Liguria. Al Passo del Cerreto ero stata anni addietro durante un ponte del 2 giugno. A quel tempo preparavo una maratona e mi avevano proposto di aggregarmi ad una tre giorni di corsa trail (ovvero nei boschi e comunque su sterrato) tra Bismantova, il Ventasso ed il Cerreto: “primo giorno salita, secondo giorno piano, terzo giorno discesa” così mi si spiegò…Questi sono i luoghi dove si corre la fantastica Ecomaratona del Ventasso (http://www.ecomaratonadelventasso.it/) ormai divenuta una delle classiche del genere trail.
In realtà chi me lo propose omise di specificare che i miei compagni di corsa erano tutti uomini e ultra-maratoneti, ovvero dediti a distanze ben superiori della classica 42 km 195. Infatti la tratta giornaliera prevedeva non le tre ore di corsa ovvero il limite del “lungo” che avevo allora nelle gambe, bensì 6/7 ore giornaliere!. Chi me lo propose forse necessitava di un alibi/ copertura per una fuga galante, cosa della quale ero totalmente ignara. Ricordo solo che al primo giorno, arrivata stremata per il freddo e la fatica a Ligonchio lasciai liberi gli ultramaratoneti- per i quali ero diventata solo una vera zavorra con velleità di wonder woman- che hanno proseguito per il Rifugio Battisti che in quel 2 giugno era sotto la neve!!
Questo fu il mio primo disastroso approccio a quell’area.

Comunque questa volta sono comodamente in groppa alla mia auto che fila sicura e tranquilla lungo i tornanti della S.S.63. La musica innonda libera l’abitacolo, suonano i Negramaro…”non voglio stare sulla soglia della nostra vita e vedere la nostra passione che muore…la mia pelle è carta bianca, io sono pronto, scrivi tu la parola fine.” Improvvisamente una curva a gomito, leggera sbandata, riesco a controllare…no, tranquilli, non è l’auto sono i pensieri che, incontrollati, hanno preso un’altra strada ma li ho richiamati subito in corsia…Giunta al Passo- 1261 m s.l.m- mi fermo per un caffè al Bar Ristorante Passo del Cerreto e per ammirare quelle straordinarie montagne ad anfiteatro, paesaggio davvero selvaggio: l’area è inclusa nel Parco Nazionale Tosco-Emiliano. Dietro al banco incontro il signor Paolo…e faccio la scoperta di una persona davvero interessante. La mia innocente domanda: “ma qui siete sotto Reggio Emilia, Massa o La Spezia?” apre una voragine di sapere. Il signor Paolo ha fatto ricerche personali sulla genealogia della propria famiglia e sulla storia dei luoghi. Quelle terre, che un tempo erano sotto il Ducato di Modena, appartenevano a quindici famiglie e la sua era una di quelle. Già da bambino mentre correva libero sui campi tagliati per la fienagione, si era stupito delle scritte in francese su un cippo e si era innamorato di una mola in pietra che solo di recente s’è scoperto essere parte di un ospitale legato ai templari. Il signor Paolo è orgoglioso di appartenere a quei luoghi ed a quelle memorie. Mi parla della nonna come di una donna straordinaria che “montava a cavallo come un uomo”, racconta…ohi ohi ripenso che anche a me una volta un Mongolo in Mongolia mi fece questo complimento!. Mentre il signor Paolo svolge la ricca sacca dei suoi racconti, m’immagino la nonna a cavallo, capelli al vento, piglio deciso mentre galoppa da un campo all’altro a controllare la fienagione..mi appare come una Anita Garibaldi.

Il Passo del Cerreto? “No, non si chiamava così” mi dice. Si chiamava Passo del Gatto perché c’era un punto in cui quando soffiava il vento bisognava mettersi a carponi e gattonare in avanti. La strada che svalica al Cerreto poi, non era il passo originario, che in realtà era un poco più spostato, ovvero il Passo dell’Ospedalaccio. Il Cerreto è una strada militare napoleonica, dunque più recente, ecco la ragione delle scritte in francese sul cippo. E chi l’avrebbe detto che un semplice caffè mi avrebbe schiuso tanta conoscenza? Queste sono le storie e gli incontri inaspettati e straordinari che amo tantissimo. La passione di un uomo che nella vita ha fatto altro e che a quaranta anni ha deciso di andare a vivere ed investire (ha un B&B ristorante etc) dove c’erano le sue radici…un popolo che non conosce la propria storia, che non sente la passione non ha futuro, fortunatamente questi incontri mi fanno dire che da noi non è così. Questo incontro per me è valso come una lezione del Festival della Mente.

(..continua)



giovedì 25 agosto 2011

FESTIVAL PUCCINIANO -TORRE DEL LAGO PUCCINI 13 AGOSTO 2011 (ultima parte)

La trasferta a Torre del Lago Puccini mi ha regalato qualche incontro interessante come sempre accade quando si viaggia in solitaria…

 ..ecco un baretto che si affaccia sulla piazzetta antistante il lago ed il teatro. Ho parcheggiato l’auto in un posticino strategico e non intendo dannarmi per trovarne un altro. La quiete del lago e del luogo non mi spingono a cercare altro. Una coppia mi chiede se può sedersi al mio tavolo e naturalmente accetto. Sono chiaramente stranieri, penso, certamente qui anche loro per Turandot. Mi attira lo strano abbinamento: lei è una donna asciutta, bionda, distinta, le spalle avvolte in uno scialle. Lui è un tipo singolare: sembra Mefisto, quello di Tex, canuto e con barba bianca. Non solo. Indossa una camicia bianca maniche lunghe di piquè; tutto il resto è bianco, cravatta e scarpe comprese. A tutte le dita porta grossi anelli a metà tra un metallaro punk ed il mago Otelma.


Mi guarda di sottecchi e finalmente mi si rivolge in inglese: si capisce che è incuriosito. Si rompe il ghiaccio e passiamo l’ora successiva a parlare di opera. Wagner… si certo! ..ma loro mi dicono essere attratti dalla “passione” che c’è nell’opera italiana e non in Wagner..io invece vorrei entrare dentro le saghe germaniche. Anzi mi sembra che l’evoluzione odierna di queste saghe sia in parte quella del genere fantasy. Durante Turandot più tardi, osservando il terzetto dei ministri Ping, Pang e Pong non posso che convenire con Mefisto circa i tratti di italianità che trasuda la ns opera.
Sono di Hannover ed ormai da circa 40 anni ( lui) tutte le estati vengono in Italia. Lei è medico; Mefisto invece è stato un professore di arte, in particolare “concept art” e video…ops proprio ciò che non sopporto. Ho un flash deja vu di video che vidi al Museo d’Arte Contemporanea di Berlino: l’artista ripreso nelle sue 24 h, compreso sul water!. Glisso, non voglio iniziare una polemica inutile anche perché sono una coppia colta, con la quale proseguire piacevolmente la conversazione. Parlando con loro m’è venuta voglia di andare ad assistere ad un’opera a Bayreuth un giorno chissà, anche se mi dicono che acquistare il biglietto sia cosa impossibile. Anche La Scala a Milano resta un sogno impossibile…

Quando entro a teatro li perdo, loro hanno i posti in un altro settore. D’altra parte gli spettatori stranieri sono molti: scorgo anche una giapponese vestita col tradizionale kimono:molto elegante.

La sera successiva mi ha invece vista a cena a Viareggio e quindi sul lungomare per una sfilata straordinaria dei carri. Non amo particolarmente il Carnevale perché nella mia giovinezza durante Carnevale mi picchiavano sempre con i manganelli riempiti di carta bagnata (un incubo) ed ero inseguita da bande che non promettevano nulla di buono. Dunque non ero mai stata a Viareggio prima, tantomeno al carnevale. I carri sono enormi, impressionanti, dai movimenti complessi ed articolati: le rappresentazioni hanno dietro uno studio accurato sia del soggetto che dell’evoluzione della realizzazione.





A Viareggio tutto ruota attorno al carnevale, mi è sembrato essere un evento come il Palio di Siena..e mi ha fatto piacere sapere che questa tradizione è sentita dalla città. Un grande momento di “liberazione” collettiva, di gioia, di divertimento. Sono sicura che tra gli scenografi del teatro c’è sicuramente qualcuno che partecipa anche all’allestimento dei carri…ho notato delle assonanze anche se mi riesce difficile spiegare a parole in che cosa.

Il rientro a casa mi ha vista percorrere naturalmente la viabilità ordinaria. All’andata ero scesa da Passo Radici senza incontrare nessuno se non partecipanti ad una gara di endurance a cavallo.


La strada è deliziosa e subito dopo il passo mentre si scende si ha la fantastica visione delle Apuane, bianche di marmo ed il mare..Altro che autostrada infernale ed il “loro traffico rallentato-code a tratti” mentre le auto sono ferme già dalle 8 della mattina sulla Milano Bologna. S’inventano neologismi che fanno dire a quei poveretti di Radio 103.300, perché diversamente bisogna avere un tal faccia tosta a fornire quel tipo d’informazioni. Comunque l’autostrada non l’avrei percorsa nemmeno vuota.

Al ritorno non ho nemmeno cercato l’Abetone ovvero la Statale 12: troppo grande e trafficata per i miei gusti. Ho visto sulla mappa regionale una piacevole stradetta che portava fra l’altro all’Orrido di Botri, strada che proseguiva- bianca- per entrare in Emilia: la parte sterrata era indicata come Passo “foce al Giovo”. Mai sentito prima questo passo dal nome così strano. Così a bordo della mia “auto del popolo” (Volkswagen) una (Marco) Polo 1.4 mi ci sono infilata decisa. Strada meravigliosa, strettina, con tornanti. Dopo la deviazione per l’Orrido di Botri il manto stradale peggiora decisamente e la carreggiata si restringe: non ho visto indicazioni che avvisassero che il passo era chiuso…probabilmente lo sanno tutti. Io ho proseguito oltre il Rifugio Casentini in un paesaggio davvero singolare, con montagne anche loro dai nomi inusuali. La stradina bianca è entrata nel bosco e la (Marco) Polo dentro… …lasciate ogni speranza voi ch’entrate comunque in auto di là non si svalica. Sono dovuta tornare indietro ma la deviazione non mi è affatto dispiaciuta. Credo davvero che tornerò per camminare in quelle montagne magari pernottando al Rifugio Casentini. Stavolta non ci sono riuscita perché dovevo rientrare a casa per notte.

Ho guidato diverse ore la (Marco) Polo finché verso sera m’ha preso una gran fame. Mi sono fermata ad una trattoria sulle montagne tra Bologna e Modena. Incontro assurdo. L’oste, un tipo invadente ma simpatico, era incuriosito da cosa ci facesse "una signora sola in giro per le montagne” pungolandomi deciso. Già le parole Turandot e Torre del lago gli sono sembrate un dialetto urdu mentre cercava di forzare la conversazione su temi più personali. A suo modo la vita gli aveva regalato una certa saggezza e non mancava di calore umano che aveva già dispensato nel corso dei suoi quattro matrimoni. Quando ormai fattosi buio, alla trattoria sono arrivati 4 avventori in cerca di donne ho chiesto il conto. L’oste mi aveva allegramente presentata come Jolanda. Quando ironica ho ribattuto loro che Jolanda è solo la figlia del Corsaro Nero..i quattro hanno sbarrato gli occhi chiedendomi atterriti:” ma lei è una di quelle che legge?”..Sono salita sulla mia (Marco) Polo e sono scappata a valle…

(..fine)

mercoledì 17 agosto 2011

FESTIVAL PUCCINIANO -TORRE DEL LAGO PUCCINI 13 AGOSTO 2011 (prima parte)

Magico, speciale, prezioso questo 13 agosto.

Eh già…siamo ancora qua (direbbe Vasco) per questo mio 51° compleanno mi sono regalata il biglietto per un’opera pucciniana al Gran Teatro Puccini di Torre del Lago. Un desiderio antico che non avevo ancora coronato, soprattutto perché arrivavo tardi a ricordarmene rispetto alle finestre di luglio agosto. Sono partita totalmente in solitaria (sono una single venuta male) con un vero low cost tenda+biglietto opera. La tenda non la usavo da almeno trent’anni ed ero sprovvista sia di materassino che di cuscino. L’opera quale ? Certo nel mio caso non poteva che essere Turandot, l’esotica favola ambientata in Pechino di cui a tutti è nota la romanza del III atto “nessun dorma “.


la tenda +



E’ stata una serata semplicemente fantastica, magica, indimenticabile, struggente, emozionante. A latere di questa esperienza anche incontri curiosi.











l'opera



Il Gran Teatro Puccini è molto suggestivo col quel palco affacciato sul laghetto di Massaciuccoli: tante canne, in lontananza basse colline e forse un inizio di Apuane ma lontane. Il lago è poco profondo un tempo pare fosse ricco di fauna, sopratutto folaghe, almeno questo è quanto han detto durante la piacevole escursione in battello, che non poteva che chiamarsi Manon. Quando si viaggia soli è facile, naturale e piacevole sprofondare in meditazioni e pensieri. Ho riflettuto dunque su questo luogo in cui il Maestro pensò la musica. Note che aveva già dentro, che gli derivavano da storia, educazione, passione, studio ma senza dubbio anche da quell’ambiente. Così ho provato ad immaginarmelo il Maestro in questo dolce paesaggio italiano. Il contesto naturale certo è un fattore importante che compone il melange che ci fa crescere plasmandoci nella forma interiore… Quel paesaggio italiano che ahimè i costruttori e le amministrazioni non esitano da qualche anno a coprire di colate di cemento, ovunque in Italia. Il grande trasversale partito o meglio èlite del mattone! Unici difensori gli agricoltori, la classe più bistrattata, meno considerata, meno rappresentata: eppure se loro non ci fossero come sarebbe questo nostro paesaggio?




Ma torno a Turandot.

Lei è l'algida principessa che ogni anno  manda a morte i vari pretendenti alla sua mano, che colpiti dalla sua straordinaria bellezza si presentano a lei: solo colui in grado di indovinare le risposte a tre enigmi potrà sposarla. Calaf è il figlio di Timur (come Tamerlano) principe spodestato, accesosi d’amore per Turandot al solo intravederla mentre ...decretava la pena di morte ad uno sfortunato innamorato venuto prima di lui. I petulanti, trasformisti Ping, Pang e Pong sono i tre ministri del Regno, personaggi sempre molto amati da noi pubblico. Loro sono rispettivamente Gran Cancelliere, Gran Provveditore e Gran Cuciniere: tre personaggi altamente improbabili come ministri cinesi mentre lo sono molto di più nel rappresentare la mentalità italica, anzi attualissimi.

Bellissimo il primo quadro del secondo atto per i riferimenti ad elementi cinesi:
O Cina o Cina che or sussulti e trasecoli inquieta! Come dormivi lieta dei tuoi settantamila secoli!” Ping “ E sono anni che le nostre feste si riducono a gioie come queste… tre battute di gong, tre indovinelli e giù teste
Pang “ L’anno del Topo furono sei..”
Pong “L’anno del Cane furono otto
Ping “Nell’anno in corso il terribile anno della Tigre, siamo già al tredicesimo con questo che va sotto”. Naturalmente si fa riferimento alle teste tagliate dei partecipanti alla risoluzione degli enigmi della regina. Poi attacca la bellissima parte …
Ping “Ho una casetta nell’Henan col suo laghetto blu, tutto cinto di bambù. E qui sono a dissiparmi la vita, a stillarmi il cervel sui libri sacri. E potrei tornar laggiù, presso il mio laghetto blu, tutto cinto di bambù..” che dolce questa rima......un laghetto come Massaciuccoli? chissà
Pong rimbecca “ Ho foreste presso Xian, che più belle non ce n’è che non hanno ombra di me
a cui aggiunge Pang “ Ho un giardino presso Kiù (??mah?) che lasciai per venir qui, e che non rivedrò più.
I tre ministri rincarano la dose quando parlano dei pretendenti morti. Ping “non ricordate il principe regal di Samarcanda? Fece la sua domanda! E lei con qual gioia mandò il boia!”.
Pong “ E l’Indiano gemmato Sagarika cogli orecchini come campanelli? Amore chiese, fu decapitato!”
Pang E il musulmano?" Pong “ E il prence dei Kirghisi?” Loro tre “Uccisi! Uccisi!... E decapita! E uccidi.. Estingui… Ammazza… Addio amore! Addio razza. Addio stirpe divina! E finisce la Cina!”
Questo pezzetto m'ha molto divertita anche per i tanti riferimenti alla Cina.

La storia di Turandot è tratta da una fiaba teatrale del settecento scritta da Carlo Gozzi, autore che non poteva che essere un veneziano vista l’ambientazione. Gozzi nella sua opera aveva incluso i personaggi delle maschere, come Brighella, Tartaglia e Pantalone in un ambiente più veneziano che asiatico anche se i tre enigmi c'erano sempre, pur diversi. Ho trovato la storia assurda ma poi ho pensato che al tempo di Gozzi la Cina fosse davvero un mondo lontano, quasi spaziale e dunque il regno della Fantasia..Mi ricorda certa filmografia: ho visto un western una volta in cui cinesi maestri di kung- fu atterravano i cavalli dei cowboy a colpi di arti marziali...Orribile davvero! Dunque la fiaba è stata riadattata ai tempi di Puccini.
Tuttavia i caratteri di questi personaggi così come tutta l’ambientazione trovo che siano molto poco cinesi. Non lo dico come una critica né a librettisti né a sceneggiatori vecchi e nuovi, semmai come una nota per far riflettere come poteva essere vista la Cina allora. Eppure ci sono anche elementi di verità come i riferimenti all’anno del Topo, della Tigre etc. Al fatto che la principessa lasci intendere di essere mancese mentre i suoi ministri sono rigorosamente cinesi, ed all’imperatore che è appellato col termine di Figlio del Cielo. In fondo anche il boia Pu Tin Pao ha un nome abbastanza cinese ed era una paurosa realtà. Se non ci credete leggete i resoconti di Barzini della Guerra dei Boxer del 1900: quanta gente è finita sotto la lama del boia. Barzini poi nelle sue cronache aveva dipinto a toni foschi l’imperatrice vedova Cixi, descrivendola donna crudele. Chissà se i nostri lessero mai quelle corrispondenze? Io credo di si. Vediamo cosa scrisse nel 1936 Rodolfo Borghese in un suo tardivo resoconto sulla spedizione contro i Boxer. Dice al proposito del boia: "aveva un sorriso come s’egli facesse il mestiere più bello del mondo. Lo stuolo di aiutanti in omaggio all’uso sancito da un editto imperiale, portavano grembiuli gialli. Da un fodero giallo fu tratto un largo sciabolone.. arrivarono i due condannati su carrettini .. non erano più uomini ma stracci..compirono il tragitto al patibolo sorretti come se fossero svenuti". Al momento in cui la mannaia calò sulle teste, Rodolfo chiuse gli occhi, sentì solo il rumore delle spade ed i click delle numerose macchine fotografiche

Turandot fu rappresentata per la prima volta nel 1926 al Teatro la Scala diretta da Arturo Toscanini. In quegli anni la Cina era in completa disgregazione ormai in preda della spartizione coloniale e dei Signori della Guerra. La dinastia mancese era caduta ancora nel 1911. Puccini aveva cominciato a studiare il progetto dell'opera nel 1920, dopo la Prima GM, dunque.
Nell'opera trovo curiosa e quasi ante-litteram  una certa vena femminista in Turandot, quando spiega le ragioni della sua durezza. Il suffragio universale è del 1920. La principessa racconta  che l'ava Lou Ling, nel regno occupato dallo straniero fu trascinata via da un uomo, dice “come te, come te straniero, via via nella notte atroce, dove si spense la sua fresca voce”… “io vendico quel grido e quella morte”.. Sono parole terribili. Eppure quando Calaf, il principe ignoto indovina le tre risposte agli indovinelli, la fredda Turandot lo apostrofa” Mi vuoi tu cupa d’odio? Vuoi che io sia il tuo tormento? Mi vuoi come una preda? Vuoi che io sia trascinata nelle tue braccia a forza, riluttante e fremente?” Naturalmente la risposta in rima del principe non può che essere:” No, No principessa altera! Ti voglio tutta ardente d’amor!”

E quando in risposta Calaf propone alla principessa di indovinare il proprio nome nel qual caso lui morrà, ecco che Turandot decreta “Questa notte nessun dorma in Pechino”..”pena la morte”. Ormai sicuro di vincere, Calaf attacca la bellissima struggente romanza:” Nessun dorma.. Tu pure o principessa, nella tua fredda stanza guardi le stelle che tremano d’amore e di speranza. Ma il mio mistero è chiuso in me, il nome mio nessun saprà. Solo quando la luce risplenderà sulla tua bocca lo dirò fremente. Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia… Dilegua o notte! Tramontate stelle! All’alba vincerò

Eh già e mentre il nostro tenore cantava queste note, nella notte di questo 13 agosto la luna piena sorgeva da dietro al pagoda lasciando intra-vedere dietro questa Pechino insonne il riflesso del lago di Massaciuccoli..quale meraviglia.



I tre ministri ricompaiono e quanto si affannano in tutti modi per convincere Calaf ad abbandonare il suo proposito, a scegliere qualche cosa di alternativo a Turandot..donne, gemme, fama..tutto gli offrono, in mille modi lo lusingano. Ed in questo i Cinesi veri sarebbero stati superbi! Ping” straniero tu non sai di che cosa è capace la Crudele Straniero, tu non sai quali orrendi martiri la Cina s’inventi” Pong:” Se tu rimani e non ci sveli il nome noi siam perduti!” Pang:” L’insonne non perdona sarà martirio orrendo ..i ferri aguzzi, L’irte ruote! Il caldo morso delle tenaglie! La morte sorso a sorso! “ Questa sembra davvero la classica rievocazione delle “torture cinesi” oppure potrebbe anche essere una pagina salgariana. Pare che Puccini fosse un divoratore dei romanzi d’appendice di Salgari del quale era quasi coetaneo. Salgari d’altra parte era un amante dell’opera e nei suoi esordi giornalistici ne fu critico per la gazzetta cittadina, la moglie poi da Ida era diventata Aida.

Frattanto sotto il cielo stellato pechinese avveniva il dramma: nel melodramma il lieto fine se c’è, deve essere turbato da un qualche dolore. E’ il suicidio della povera schiava Liu, innamorata di Calaf , la quale pur di non rivelare il nome che lei conosce del principe ignoto, si uccide affondandosi un pugnale nel petto. Un altro dramma, vero: fu a questo punto che Puccini morì lasciando incompiuta l’opera ed il Maestro Toscanini, che diresse la prima a Milano, in questo punto abbandonò la sala.

Torniamo alla Storia. Finalmente Turandot dopo questo gesto di dedizione ed amore assoluto pare venga positivamente colpita dal principe ed anche in lei si accende la scintilla dell’amore..Calaf conclude trionfante con un bacio:” o divina! Nella luce mattutina che dolcezza si sprigiona dai giardini della Cina!”



La bellissima pagoda che il 13 notte svettava su quel palco, con la bellezza struggente del lago, mi ha fatto commuovere. La pagoda di cinese possedeva il carattere spiovente dei tetti cinesi mentre nel resto aveva forti accenti liberty/decò. Eppure trovo che fosse bellissima perché questa favola rappresenta ed evoca il ns immaginario non affatto la realtà. Quando abitavo a Pechino negli anni '90 sono andata qualche volta ad assistere a Turandot rappresentata da un gruppo di cantanti cinesi amanti di quest’opera, che si divertivano a rappresentarla in piccoli teatri oppure alberghi. Pare che ora abbia un certo seguito. Mi sono anzi molto stupita di vedere tanti spettatori cinesi a Torre del Lago. In verità ce n’era pure una seduta davanti a me che esattamente dopo 10 minuti dall'inizio ha cominciato a reclinare il capo in avanti…d’altra parte anche per noi assistere al jingju ovvero al teatro dell’opera di Pechino è una bella prova che si deve preparare ..per non rischiare il colpo di sonno. Turandot l’avevo già vista anche molti anni fa in quanto nel cartellone d’opera di Bologna negli anni in cui lavoravo come comparsa. Che bellissime esperienze Don Carlos, Gran Macabro, Otello, Manon, Aida…sono finite ahimè.

Se posso permettermi una nota stonata. La presenza in scena degli sbandieratori: mi sono sembrati fortemente fuori posto. Anzi ho avuto come l’impressione che fosse un indulgere, uno strizzare l’occhiolino alla platea straniera




(...continua)

domenica 20 marzo 2011

I 150 anni dell'Unità d'Italia....che bella che era Bologna pavesata a festa..

 Cosa vuol dire festeggiare il 150 anni dell’ Unità d’Italia?

Per me un festoso bellissimo momento di riflessione sulla mia identità culturale, su ciò che io e tutti noi Italiani esprimiamo ed abbiamo espresso per lo sviluppo del ns paese. Debbo dire che forse non è facile né comune riflettere sulla propria identità culturale…io ho avuto la fortuna di trovarmi di fronte a questa necessità quando ho vissuto in Cina. Si, è lì che ho improvvisamente compreso nel profondo il mio background culturale, dovendomi confrontare sia con un agar culturale completamente diverso sia interloquendo con la comunità straniera presente a Pechino. Ho una solida base di studi classici ma sono restati “studio” fino a che paradossalmente proprio l’ambito cinese non mi ha fatto vedere i colori e le sfumature di questo Mediterraneo da cui provengo. L’onda che si ritira dalla costa ha fatto emergere questo paesaggio sottomarino tanto bello, che abbiamo la fortuna di avere dentro, che abbiamo creato nel ns processo di crescita come popolo. Forse così abituati a ciò che ci attornia, mortificati da becerismo e populismo oggi imperanti, ci accorgiamo a fatica del percorso che abbiamo fatto come nazione e come società. Un percorso storico non solo, sociale e culturale.

Anche di recente ho avuto la fortuna ed il privilegio di avvertire la mia “italianità”, bella, quella libera da quegli aspetti aggressivi e di superiorità propri del nazionalismo. L’occasione è stata la visita che ho fatto all’Expò di Shanghai ad ottobre 2010 (cfr blog). E certamente il padiglione Italia, tanto bello quanto semplice ma estroso, suscitava “stupore”, bisognava vedere i visi dei cinesi al loro ingresso. Lì in quel Padiglione che rappresentava noi c’erano tutti i 150 dell’Unità e tutto quello che è venuto ancora prima, la ns cultura.



A Bologna il 17 marzo ho assistito a diversi eventi condividendone gioia ed emozione. Uno di questi presso il Museo del Risorgimento era dedicato alla poesia delle donne del Risorgimento. L’evento era organizzato dal “Gruppo Poesia 98” ed una delle partecipanti, probabilmente una professoressa di musica, ha detto una cosa che ignoravo. Mazzini in un suo saggio sulla musica scrisse che l’Opera Lirica ha unificato l’Italia prima dell’Unità politica perché l’Opera era cantata in italiano. Guarda un po’ ancora la cultura che interviene prima della politica. E forse è quello che accade anche oggi: personalmente avverto questo grande bisogno da parte della società, c’è tanto associazionismo, una voglia prorompente della cultura di emergere e spazzare via l’immobilismo e l’incapacità della politica. Ed ecco che ancora una volta riporto una bellissima considerazione sempre del “Gruppo Poesia 98” che ha adottato e sta portando avanti la "RESISTENZA CREATIVA". La trovo una disposizione di “lotta” bellissima nella quale mi ci riconosco perfettamente e che al momento attuale mi sembra un nuovo Manifesto di lotta quasi da Carboneria Risorgimentale.




Quanto a coloro che non festeggiano, quanto a coloro che provano avversione dico solo che hanno la libertà di farlo ma sono rimasti in “superficie”. Riporto invece quanto avrebbe detto la tuffatrice Tania Cagnotto di Bolzano che, dedicando le sue vittorie al Presidente Napolitano, ha affermato: “ ho la fortuna di vivere e di appartenere a due culture”..ecco per me questa frase è bellissima e mi fa dire che Tania deve essere una gran donna oltre che una grande atleta.

Ecco a seguire le foto di Bologna per i 150 dell’Unità…come era bella. Ho avuto anche il privilegio di entrare ed assistere al concerto gratuito di musiche verdiane al Teatro Manzoni..è stato bellissimo e commovente




 naturlamente  non ho mancato di disegnare..l'Unità















Questo negozio di guanti via D'Azeglio esprimeva una eleganza ed una classe davvero eccezionali. Mi aspettavo di vedervi entrare da un momento all'altro uno di quei patriotti italiani così ben descritti da Jean Giono ne "L'Ussaro sul tetto."..



















































































































Shanghai e l'expò

Shanghai e l'expò
Il lato est del Bund ..che notte magica