Cinguettii

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l'altra faccia della modernità

Auguri Anno della Scimmia

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Del vedere il mondo

"C'è un'enorme differenza tra il vedere una cosa senza la matita in mano ed il vederla disegnandola"
Paul Valery



Qui troverete tanta Cina, disegno, letteratura di viaggio..se volete suggerirmi spunti, link, luoghi siete i benvenuti..


mercoledì 26 gennaio 2011

Quando la Cina era lontana 1904-1947. Mostra Fotografica e presentazione di un libro

Una notizia interessante per gli amanti delle Storie.
A Bologna il 28 gennaio si inaugura una mostra fotografica che non voglio davvero perdermi.
E' la storia, raccontata attraverso foto e memorie private, di una famiglia italiana che dimorò in Pechino in un periodo che va dal 1904 al 1947. Da quel che vedo nella nota illustrativa le foto provengono da un Fondo di Famiglia: Marina Giusti del Giardino. La mostra è curata da Jean Blanchaert

Il giorno successivo, ovvero sabato 29 gennaio alle ore 17 ci sarà la presentazione del volume "Pechino Bassano del Grappa" di Marina Giusti del Giardino. Il Libro sarà presentato dall'autrice ed introdotto da Philippe Daverio. Già mi piace moltissimo il suo modo di narrare, se poi mi narra anche la Cina..

Sono due appuntamenti che non voglio perdermi. Chissà forse ci saranno anche le foto della Signora Jia e di Ugo...la comunità straniera di Pechino di quegli anni era davvero piccola e la conoscenza di un medico era un lusso a cui in pochi avrebbero rinunciato.

Sono fiduciosa di fare grandi scoperte e di stupirmi.

Il tutto è nell'ambito della attività legate ad Arte Fiera e di "Bologna si rivela" patrocinata dalla Fondazione Carisbo.

I Luoghi:  Bologna

La mostra Fotografica nella Biblioteca di Palazzo Fava in Via Manzoni.
Inaugurazione venerdì 28 gennaio ore 19

La presentazione del libro in San Giorgio del Poggiale in via Nazario Sauro
Sabato 29 gennaio ore 17


io ci sarò

martedì 25 gennaio 2011

LA STORIA DELLA SIGNORA JIA (terza puntata)

( la seconda puntata è stata pubblicata in data 12 gennaio 2011)


..Così giunti a Shanghai si rivolsero a Ciano il quale li rassicurò spiegandogli che effettivamente il medico italiano che era a Pechino aveva lasciato l’incarico per raggiunti limiti d’età e la funzione era stata assunta pro-tempore da un ufficiale di marina del battaglione S.Marco. Il vecchio medico probabilmente era stato Ludovico Nicola di Giura, arrivato in Cina ancora al seguito del Corpo di Spedizione Italiano nella Guerra contro i Boxer nel 1900. Era rimasto sempre in Cina fino al 1930 quando rientrò in Italia quasi cieco. In quegli anni i rapporti tra Italia e Cina erano ottimi anche se la situazione politica interna del paese era già complicata e molto instabile. Nel 1933 il ministro delle finanze del governo di Chang Kai Shek, il potente T.V.Soong (cognato di Chang) aveva compiuto una missione presso il governo di Mussolini e ne era nato un accordo di cooperazione. Diverse furono le visite ufficiali e le missioni inviate in quel paese dal governo fascista o per il tramite della Società delle Nazioni: il grande ingegner Omodeo a capo della missione per studiare la regolamentazione del corso del fiume Giallo, le cui piene ciclicamente devastavano le campagne cinesi. La lunga missione del prof. De Stefani già ministro delle finanze invitato dai Cinesi che gli offrirono per un anno la carica di consulente economico e finanziario del governo di Chang Kai Shek. Il Barone Alessandro Sardi presidente dell’Istituto Luce, che proprio al suo ritorno venne rimosso dall’incarico in conseguenza del dissesto finanziario seguito alla produzione del film “Camicia Nera”.


Andò a Pechino anche Guglielmo Marconi, le foto della cui visita conservo ancora: “i diplomatici e Marconi passano in rivista le truppe della marina” è scritto sul retro di una di queste. C’è anche Ugo ma manca la Signora Jia perche aveva appena partorito. Dietro queste visite c’era l’opera ed i rapporti sviluppati da Ciano durante i suoi tre anni in Cina. Questi rapporti peggioreranno decisamente quando l’Italia firmò il patto tripartito con il Giappone e soprattutto quando aprì il consolato a Mudken nella Manciuria, occupata dai Giapponesi fin dal 1931, reciprocando al riconoscimento giapponese dell’Etiopia occupata dagli Italiani.


La vita a Pechino tuttavia per gli stranieri era ancora gradevole ed il loro status estremamente elevato. Ugo e Anita abitavano all’interno del complesso della Legazione Italiana, che allora era di fronte all’Hotel Pechino, in una bella villetta, disponevano di un’auto, avevano due cani da caccia, le tate non mancavano. La Pechino di allora era molto diversa da quello che ho vissuto io negli anni ’80 e ‘90: esistevano ancora le possenti mura e non era inusuale vedere carovane di cammelli cariche di merci arrivare alle porte della città. Le strade avevano nomi stranieri, la centralissima attuale Wangfujing si chiamava Morrison road. A Pechino la signora Jia ebbe quattro figli maschi che nacquero tutti in casa, assistita da un anziano ginecologo greco, un uomo dai capelli candidi che amava portare una paglietta bianca. Lei racconta che l’uomo pareva un personaggio dell’800.

Ugo lavorava bene, divenne medico della Legazione, della Guardia della Legazione che contava circa 100 marinai ed arrivò a costruirsi un suo proprio dispensario, una clinica diremmo oggi. Si dedicò alla ricerca in particolare sul tifo petecchiale, ovvero il tifo portato dai pidocchi, che in quegli anni era mortale ed estremamente diffuso a causa delle pessime condizioni igieniche. Anche un figlio della Signora Jia si ammalò di tifo, contagiato probabilmente dai pidocchi infetti che Ugo teneva per le sue ricerche. La sconvolgente notizia della malattia fece perdere loro ogni speranza, tennero il bambino in isolamento completo 40 gg però lui si salvò:” un miracolo” mi disse ancora con un sospiro.


La Comunità italiana di Pechino non era folta ed era formata oltreché da militari, da residenti di lunga data. Più residenti italiani erano semmai presenti nella non lontana Tianjin dove esisteva la Concessione italiana ed a Shanghai. La Signora Jia mi accenna al signor Gerli, ex pilota in Cina dal 1921, sposato ad Anna Horvat, una nobile russa bianca: era stato Ispettore delle Dogane di Qinghuangdao ma nel 1951 anche lui venne incarcerato. Ancora il signor Paoletti che era stato Direttore delle Poste, il signor Vigonza che aveva un negozio di vini, il parrucchiere italiano sposato ad una russa, del Hotel Wagon Lits, il lussuoso albergo all’interno del quartiere delle Legazioni costruito nel 1905 per i passeggeri che giungevano in transiberiana.

L’accenno al parrucchiere in un primo momento mi fece sorridere ma poi ripensai alla mia prima esperienza di taglio quando ancora studiavo a Pechino e dunque non disponevo di cospicue finanze. Ricordo che mentre il parrucchiere procedeva con il taglio rimasi esterrefatta per gli inurbani rumori corporali che all’improvviso scoppiarono alle mie spalle. Anni dopo quando già lavoravo, forte dell’esperienza da studentessa, usavo andare da un parrucchiere anglofono di origine cipriota che lavorava all’interno del China World, un albergo. Un giorno che vi capitai non lo trovai: mi dissero che se n’era tornato in Inghilterra con la moglie cinese..in bicicletta. Al tempo della Signora Jia non sarebbe stato possibile. In Cina le campagne oltreché di Giapponesi, di forze comuniste ed anti-comuniste e dei signori della guerra, pullulavano di semplici banditi.

...(segue)

(Riproduzione riservata)

mercoledì 12 gennaio 2011

La Storia della Signora Jia ( seconda parte - segue)

La 1a puntata è pubblicata in data 3 dicembre 2010

Il viaggio durò più di due mesi ed in quel lungo periodo a bordo ci fu un parto ed una morte. Lei rientrò in un’Italia distrutta, l’accompagnavano i quattro figli ancora da crescere, senza il marito che aveva deciso di restare a Pechino e che nel 1951, allo scoppio della Guerra di Corea, venne incarcerato per tre anni con l’accusa di spionaggio. Un matrimonio difficile il loro -come ebbi modo di apprendere in seguito. In Italia le vennero in aiuto gli oggetti di antiquariato acquistati negli anni di Cina che aveva riportato chiusi nei bauli. Cominciò a venderli per potersi mantenere e così lentamente, grazie anche ai contatti che aveva mantenuto ad Hong Kong e supportata dall’antiquario Mario P., che era stato corrispondente della Stefani a Pechino, costruì la sua carriera di antiquaria d’arte asiatica.


Uno strano segnale del Destino mi aveva sorpresa mesi prima mentre me ne stavo seduta al Bar Campari in Galleria a Milano in piacevole conversazione con alcuni colleghi. Scoprii origini comuni con uno di loro:era nato nello stesso paese dei miei nonni. Per quelle casualità che la vita offre talvolta, non ricordo più nemmeno come, gli raccontai la curiosa vicenda legata sempre ad Ugo ed a quel piccolo paese. Sul finire degli anni di Università pare che Ugo si fosse follemente innamorato senza speranza di una ragazza del posto che si era promessa ad un altro uomo. Ferito dal rifiuto di lei, forse per ripicca, si sparò una revolverata che, da bravo medico, non colpì però le parti vitali. Ricordo che non avevo ancora finito di raccontargli questa storia che vidi il mio collega sbiancare mentre mormorava: “allora è proprio tutto vero!E pensare che l’abbiamo sempre considerata una esagerazione di mamma” mi disse. Il Caso mi aveva fatto incontrare con il figlio di questa donna tanto amata. Considerai questo fatto straordinario un invito del Fato ad incontrare Anita, colei che Ugo sposò dopo la Grande Delusione, a conoscerla, anche se il loro divorzio era stato la causa dell’allontanamento delle nostre famiglie. Questa donna di cui tanto avevo sentito parlare nel bene
e nel male, era in quel momento davanti a me, mi teneva le mani nelle sue e mi stava dicendo con un tono di voce lieve e suadente“cara signora, bisogna che noi due parliamo. Quando viene a trovarmi a casa?”. E così ho iniziato a frequentarla, sabato trascorsi ad ascoltare le sue storie, i suoi racconti sperando che non finissero, finché ero costretta a rimettermi in auto per tornare a casa. Durante uno dei nostri incontri le proposi di registrare le sue parole per scriverne un libro. In un primo momento accettò ma successivamente ripensandoci a freddo, prevalse il forte senso materno ovvero il preferire, per il bene dei figli, che tutto restasse nell’oblio come in effetti è stato. La cosa più importante era la salvaguardia dell’immagine che i figli avevano del padre che per lei nonostante il naufragio della loro relazione, era sempre stato - come ebbe a dire - un uomo di intelligenza superiore. Fu però un uomo duro. Quando un figlio morì incidentalmente, anni dopo la loro separazione, Ugo non le mandò nemmeno una parola di conforto, di pietà. Il padre ovvero il mio bisnonno, pittore di arte sacra nelle chiese, gli comminò un’educazione “all’antica” fatta di punizioni severe, arrivando ad incatenarlo in cantina anche per le più piccole disobbedienze. Forse questa educazione rigida ne plasmò la decisione presa al momento della laurea di partire, di andare il più lontano possibile da casa, non voleva restare in Italia. Ne era uscito un carattere davvero singolare.




Anita mi ha accolta con curiosità e disponibilità nella sua casa: uno spazio marcato da una ricchissima libreria, da un pianoforte a coda, in mezzo a tante piante ed a tanta Asia. Ed in questo spazio che tanto la rappresentava è iniziata la sua narrazione.

Sapendo che in quegli anni vissuti in Cina Anita aveva imparato il cinese, in una occasione le chiesi se lo ricordasse ancora, mi sorrise rispondendomi in mandarino con la nitida bella pronuncia del Nord, ancora dopo tanti anni. Volli allora conoscere il suo nome cinese, in Cina quella del nome è una questione molto importante, affatto da sottovalutare. Lei era Jia Taitai, mi disse, la Signora Jia, dal cognome da sposata. Ed è proprio così con questo nome, Signora Jia, che la voglio ricordare in questa narrazione.

Subito dopo le nozze Anita ed Ugo s’imbarcarono sul piroscafo Gange in partenza da Venezia per Shanghai, un piroscafo costruito nel 1911 per la ex Marina Austroungarica poi passato all’Italia, che portava 236 passeggeri di prima classe ed 80 in seconda. A bordo assieme a loro viaggiava Don Braga, dell’ordine dei salesiani, in seguito ricordato come il “don Bosco della Cina”. A lui Ugo si rivolse in prima battuta per trovare impiego in qualche missione. Quando il vescovo a Shanghai seppe che era accompagnato dalla giovane moglie lo scacciò, ammonendolo che le campagne infestate da eserciti e banditi, non erano luogo dove portavi una giovane donna. Ripenso così alla partenza della Signora Jia dal porto di Venezia: bauli, oggetti, la coppia affacciata sul ponte mentre i familiari salutano e la nave si stacca dolcemente dalla banchina. Non esistono cellulari, niente telefono, niente televisione. Da quel momento il contatto si può mantenere solo scrivendo lettere, uno strumento che oggi appare forse antico quanto pitture rupestri. Ecco, la nave è già in alto mare… Erano gli anni d’oro del trasporto via nave. Allora le Flotte Riunite, che raggruppavano i Cosulich, il Llyod Sabaudo e la Navigazione Generale Italiana, il cui presidente fu Luigi di Savoia, ed il Lloyd Triestino, facevano regolare servizio da e per l’Estremo Oriente. La caratteristica principale delle Flotte Riunite, meglio nota come Italian line, erano i fumaioli dei suoi navigli pitturati con i colori del tricolore. Appartenevano a questa compagnia il favoloso Rex ed il Conte di Savoia le prime navi al mondo con piscine esterne sui vari ponti. Il Lloyd Triestino poteva vantare piroscafi quali il Gange, il Conte Rosso, il Conte Verde ed il Conte Biancamano navi assai lussuose in prima e seconda classe che disponevano anche di una terza classe per gli emigranti.

In Cina dunque Ugo non aveva ancora alcuna assegnazione, era fresco di laurea. Tuttavia aveva condiviso il collegio o forse il servizio militare con Galeazzo Ciano che proprio nel 1930 era tornato in Cina nominato console generale ed incaricato d’affari a Shanghai. Galeazzo Ciano ed Edda Mussolini erano partiti subito dopo le nozze ma a Shanghai la loro vita affettiva aveva già conosciuto il tradimento. Lui ebbe una travolgente relazione anche con Wallis Simpson, mentre di Edda si diceva avesse più di una simpatia per Zhang Xueliang: ex signore della guerra, oppiomane, poi grande rivoluzionario, eroe del cosiddetto “incidente di Xian”, Zhang apparteneva ad una famiglia nobile. Morì ad Honolulu all’età di 100 anni dopo averne passati circa 55 agli arresti domiciliari a Taiwan. Voci, pettegolezzi che tuttavia la Signora Jia non esita a confermare descrivendomi le feste, gli abiti, i balli che animavano le feste della comunità internazionale della Pechino e Shanghai degli anni ’30. Ugo comunque faceva affidamento proprio su questo contatto per trovare un impiego in Cina. Se avesse fallito lì, aveva già deciso che avrebbero cercato miglior fortuna nel Congo Belga dove si era trasferito un suo compagno di università: “un pazzo” lo definì la Signora Jia.

(...segue)

(Riproduzione riservata)




Shanghai e l'expò

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