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Auguri Anno della Scimmia

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mercoledì 12 gennaio 2011

La Storia della Signora Jia ( seconda parte - segue)

La 1a puntata è pubblicata in data 3 dicembre 2010

Il viaggio durò più di due mesi ed in quel lungo periodo a bordo ci fu un parto ed una morte. Lei rientrò in un’Italia distrutta, l’accompagnavano i quattro figli ancora da crescere, senza il marito che aveva deciso di restare a Pechino e che nel 1951, allo scoppio della Guerra di Corea, venne incarcerato per tre anni con l’accusa di spionaggio. Un matrimonio difficile il loro -come ebbi modo di apprendere in seguito. In Italia le vennero in aiuto gli oggetti di antiquariato acquistati negli anni di Cina che aveva riportato chiusi nei bauli. Cominciò a venderli per potersi mantenere e così lentamente, grazie anche ai contatti che aveva mantenuto ad Hong Kong e supportata dall’antiquario Mario P., che era stato corrispondente della Stefani a Pechino, costruì la sua carriera di antiquaria d’arte asiatica.


Uno strano segnale del Destino mi aveva sorpresa mesi prima mentre me ne stavo seduta al Bar Campari in Galleria a Milano in piacevole conversazione con alcuni colleghi. Scoprii origini comuni con uno di loro:era nato nello stesso paese dei miei nonni. Per quelle casualità che la vita offre talvolta, non ricordo più nemmeno come, gli raccontai la curiosa vicenda legata sempre ad Ugo ed a quel piccolo paese. Sul finire degli anni di Università pare che Ugo si fosse follemente innamorato senza speranza di una ragazza del posto che si era promessa ad un altro uomo. Ferito dal rifiuto di lei, forse per ripicca, si sparò una revolverata che, da bravo medico, non colpì però le parti vitali. Ricordo che non avevo ancora finito di raccontargli questa storia che vidi il mio collega sbiancare mentre mormorava: “allora è proprio tutto vero!E pensare che l’abbiamo sempre considerata una esagerazione di mamma” mi disse. Il Caso mi aveva fatto incontrare con il figlio di questa donna tanto amata. Considerai questo fatto straordinario un invito del Fato ad incontrare Anita, colei che Ugo sposò dopo la Grande Delusione, a conoscerla, anche se il loro divorzio era stato la causa dell’allontanamento delle nostre famiglie. Questa donna di cui tanto avevo sentito parlare nel bene
e nel male, era in quel momento davanti a me, mi teneva le mani nelle sue e mi stava dicendo con un tono di voce lieve e suadente“cara signora, bisogna che noi due parliamo. Quando viene a trovarmi a casa?”. E così ho iniziato a frequentarla, sabato trascorsi ad ascoltare le sue storie, i suoi racconti sperando che non finissero, finché ero costretta a rimettermi in auto per tornare a casa. Durante uno dei nostri incontri le proposi di registrare le sue parole per scriverne un libro. In un primo momento accettò ma successivamente ripensandoci a freddo, prevalse il forte senso materno ovvero il preferire, per il bene dei figli, che tutto restasse nell’oblio come in effetti è stato. La cosa più importante era la salvaguardia dell’immagine che i figli avevano del padre che per lei nonostante il naufragio della loro relazione, era sempre stato - come ebbe a dire - un uomo di intelligenza superiore. Fu però un uomo duro. Quando un figlio morì incidentalmente, anni dopo la loro separazione, Ugo non le mandò nemmeno una parola di conforto, di pietà. Il padre ovvero il mio bisnonno, pittore di arte sacra nelle chiese, gli comminò un’educazione “all’antica” fatta di punizioni severe, arrivando ad incatenarlo in cantina anche per le più piccole disobbedienze. Forse questa educazione rigida ne plasmò la decisione presa al momento della laurea di partire, di andare il più lontano possibile da casa, non voleva restare in Italia. Ne era uscito un carattere davvero singolare.




Anita mi ha accolta con curiosità e disponibilità nella sua casa: uno spazio marcato da una ricchissima libreria, da un pianoforte a coda, in mezzo a tante piante ed a tanta Asia. Ed in questo spazio che tanto la rappresentava è iniziata la sua narrazione.

Sapendo che in quegli anni vissuti in Cina Anita aveva imparato il cinese, in una occasione le chiesi se lo ricordasse ancora, mi sorrise rispondendomi in mandarino con la nitida bella pronuncia del Nord, ancora dopo tanti anni. Volli allora conoscere il suo nome cinese, in Cina quella del nome è una questione molto importante, affatto da sottovalutare. Lei era Jia Taitai, mi disse, la Signora Jia, dal cognome da sposata. Ed è proprio così con questo nome, Signora Jia, che la voglio ricordare in questa narrazione.

Subito dopo le nozze Anita ed Ugo s’imbarcarono sul piroscafo Gange in partenza da Venezia per Shanghai, un piroscafo costruito nel 1911 per la ex Marina Austroungarica poi passato all’Italia, che portava 236 passeggeri di prima classe ed 80 in seconda. A bordo assieme a loro viaggiava Don Braga, dell’ordine dei salesiani, in seguito ricordato come il “don Bosco della Cina”. A lui Ugo si rivolse in prima battuta per trovare impiego in qualche missione. Quando il vescovo a Shanghai seppe che era accompagnato dalla giovane moglie lo scacciò, ammonendolo che le campagne infestate da eserciti e banditi, non erano luogo dove portavi una giovane donna. Ripenso così alla partenza della Signora Jia dal porto di Venezia: bauli, oggetti, la coppia affacciata sul ponte mentre i familiari salutano e la nave si stacca dolcemente dalla banchina. Non esistono cellulari, niente telefono, niente televisione. Da quel momento il contatto si può mantenere solo scrivendo lettere, uno strumento che oggi appare forse antico quanto pitture rupestri. Ecco, la nave è già in alto mare… Erano gli anni d’oro del trasporto via nave. Allora le Flotte Riunite, che raggruppavano i Cosulich, il Llyod Sabaudo e la Navigazione Generale Italiana, il cui presidente fu Luigi di Savoia, ed il Lloyd Triestino, facevano regolare servizio da e per l’Estremo Oriente. La caratteristica principale delle Flotte Riunite, meglio nota come Italian line, erano i fumaioli dei suoi navigli pitturati con i colori del tricolore. Appartenevano a questa compagnia il favoloso Rex ed il Conte di Savoia le prime navi al mondo con piscine esterne sui vari ponti. Il Lloyd Triestino poteva vantare piroscafi quali il Gange, il Conte Rosso, il Conte Verde ed il Conte Biancamano navi assai lussuose in prima e seconda classe che disponevano anche di una terza classe per gli emigranti.

In Cina dunque Ugo non aveva ancora alcuna assegnazione, era fresco di laurea. Tuttavia aveva condiviso il collegio o forse il servizio militare con Galeazzo Ciano che proprio nel 1930 era tornato in Cina nominato console generale ed incaricato d’affari a Shanghai. Galeazzo Ciano ed Edda Mussolini erano partiti subito dopo le nozze ma a Shanghai la loro vita affettiva aveva già conosciuto il tradimento. Lui ebbe una travolgente relazione anche con Wallis Simpson, mentre di Edda si diceva avesse più di una simpatia per Zhang Xueliang: ex signore della guerra, oppiomane, poi grande rivoluzionario, eroe del cosiddetto “incidente di Xian”, Zhang apparteneva ad una famiglia nobile. Morì ad Honolulu all’età di 100 anni dopo averne passati circa 55 agli arresti domiciliari a Taiwan. Voci, pettegolezzi che tuttavia la Signora Jia non esita a confermare descrivendomi le feste, gli abiti, i balli che animavano le feste della comunità internazionale della Pechino e Shanghai degli anni ’30. Ugo comunque faceva affidamento proprio su questo contatto per trovare un impiego in Cina. Se avesse fallito lì, aveva già deciso che avrebbero cercato miglior fortuna nel Congo Belga dove si era trasferito un suo compagno di università: “un pazzo” lo definì la Signora Jia.

(...segue)

(Riproduzione riservata)




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