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martedì 25 gennaio 2011

LA STORIA DELLA SIGNORA JIA (terza puntata)

( la seconda puntata è stata pubblicata in data 12 gennaio 2011)


..Così giunti a Shanghai si rivolsero a Ciano il quale li rassicurò spiegandogli che effettivamente il medico italiano che era a Pechino aveva lasciato l’incarico per raggiunti limiti d’età e la funzione era stata assunta pro-tempore da un ufficiale di marina del battaglione S.Marco. Il vecchio medico probabilmente era stato Ludovico Nicola di Giura, arrivato in Cina ancora al seguito del Corpo di Spedizione Italiano nella Guerra contro i Boxer nel 1900. Era rimasto sempre in Cina fino al 1930 quando rientrò in Italia quasi cieco. In quegli anni i rapporti tra Italia e Cina erano ottimi anche se la situazione politica interna del paese era già complicata e molto instabile. Nel 1933 il ministro delle finanze del governo di Chang Kai Shek, il potente T.V.Soong (cognato di Chang) aveva compiuto una missione presso il governo di Mussolini e ne era nato un accordo di cooperazione. Diverse furono le visite ufficiali e le missioni inviate in quel paese dal governo fascista o per il tramite della Società delle Nazioni: il grande ingegner Omodeo a capo della missione per studiare la regolamentazione del corso del fiume Giallo, le cui piene ciclicamente devastavano le campagne cinesi. La lunga missione del prof. De Stefani già ministro delle finanze invitato dai Cinesi che gli offrirono per un anno la carica di consulente economico e finanziario del governo di Chang Kai Shek. Il Barone Alessandro Sardi presidente dell’Istituto Luce, che proprio al suo ritorno venne rimosso dall’incarico in conseguenza del dissesto finanziario seguito alla produzione del film “Camicia Nera”.


Andò a Pechino anche Guglielmo Marconi, le foto della cui visita conservo ancora: “i diplomatici e Marconi passano in rivista le truppe della marina” è scritto sul retro di una di queste. C’è anche Ugo ma manca la Signora Jia perche aveva appena partorito. Dietro queste visite c’era l’opera ed i rapporti sviluppati da Ciano durante i suoi tre anni in Cina. Questi rapporti peggioreranno decisamente quando l’Italia firmò il patto tripartito con il Giappone e soprattutto quando aprì il consolato a Mudken nella Manciuria, occupata dai Giapponesi fin dal 1931, reciprocando al riconoscimento giapponese dell’Etiopia occupata dagli Italiani.


La vita a Pechino tuttavia per gli stranieri era ancora gradevole ed il loro status estremamente elevato. Ugo e Anita abitavano all’interno del complesso della Legazione Italiana, che allora era di fronte all’Hotel Pechino, in una bella villetta, disponevano di un’auto, avevano due cani da caccia, le tate non mancavano. La Pechino di allora era molto diversa da quello che ho vissuto io negli anni ’80 e ‘90: esistevano ancora le possenti mura e non era inusuale vedere carovane di cammelli cariche di merci arrivare alle porte della città. Le strade avevano nomi stranieri, la centralissima attuale Wangfujing si chiamava Morrison road. A Pechino la signora Jia ebbe quattro figli maschi che nacquero tutti in casa, assistita da un anziano ginecologo greco, un uomo dai capelli candidi che amava portare una paglietta bianca. Lei racconta che l’uomo pareva un personaggio dell’800.

Ugo lavorava bene, divenne medico della Legazione, della Guardia della Legazione che contava circa 100 marinai ed arrivò a costruirsi un suo proprio dispensario, una clinica diremmo oggi. Si dedicò alla ricerca in particolare sul tifo petecchiale, ovvero il tifo portato dai pidocchi, che in quegli anni era mortale ed estremamente diffuso a causa delle pessime condizioni igieniche. Anche un figlio della Signora Jia si ammalò di tifo, contagiato probabilmente dai pidocchi infetti che Ugo teneva per le sue ricerche. La sconvolgente notizia della malattia fece perdere loro ogni speranza, tennero il bambino in isolamento completo 40 gg però lui si salvò:” un miracolo” mi disse ancora con un sospiro.


La Comunità italiana di Pechino non era folta ed era formata oltreché da militari, da residenti di lunga data. Più residenti italiani erano semmai presenti nella non lontana Tianjin dove esisteva la Concessione italiana ed a Shanghai. La Signora Jia mi accenna al signor Gerli, ex pilota in Cina dal 1921, sposato ad Anna Horvat, una nobile russa bianca: era stato Ispettore delle Dogane di Qinghuangdao ma nel 1951 anche lui venne incarcerato. Ancora il signor Paoletti che era stato Direttore delle Poste, il signor Vigonza che aveva un negozio di vini, il parrucchiere italiano sposato ad una russa, del Hotel Wagon Lits, il lussuoso albergo all’interno del quartiere delle Legazioni costruito nel 1905 per i passeggeri che giungevano in transiberiana.

L’accenno al parrucchiere in un primo momento mi fece sorridere ma poi ripensai alla mia prima esperienza di taglio quando ancora studiavo a Pechino e dunque non disponevo di cospicue finanze. Ricordo che mentre il parrucchiere procedeva con il taglio rimasi esterrefatta per gli inurbani rumori corporali che all’improvviso scoppiarono alle mie spalle. Anni dopo quando già lavoravo, forte dell’esperienza da studentessa, usavo andare da un parrucchiere anglofono di origine cipriota che lavorava all’interno del China World, un albergo. Un giorno che vi capitai non lo trovai: mi dissero che se n’era tornato in Inghilterra con la moglie cinese..in bicicletta. Al tempo della Signora Jia non sarebbe stato possibile. In Cina le campagne oltreché di Giapponesi, di forze comuniste ed anti-comuniste e dei signori della guerra, pullulavano di semplici banditi.

...(segue)

(Riproduzione riservata)

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